Indisciplinati, viaggio sulle strade e autostrade d’Italia
ROMA – Alla vigilia del grande esodo estivo si parla del Nuovo Codice della Strada. Fra leggi che vengono modificate e norme che subiscono un inasprimento sempre nell’ottica di una mobilità in continua evoluzione, è il caso di dire che sulle nostre strade si tira a campare. Male, magari. Perchè rimangono i difetti e le cattive abitudini di un popolo che ama la trasgressione quando ad esempio è al volante, soprattutto in autostrada.
Le autostrade, appunto. Una giungla sempre più interdetta ai normali automobilisti e alle autovetture. In un Paese come l’Italia, in cui la perfida e incoerente guerra ecologista si intreccia con gli interessi delle più spietate lobby d’affari a livello mondiale, il traffico su gomma, in particolare quello pesante, è aumentato a dismisura. Con le nostre autostrade sempre più intasate e costose, e con la cronaca che ci ricorda della scarsa manutenzione dei gestori che troppo spesso degenera in tragedia, si percepisce la scomoda sensazione che viaggiare non è più un piacere.
Quanti si saranno trovati in una condizione di criticità, magari stretti fra due bisonti della strada che cercano di farsi largo come delle libellule – nonostante la mole pari ad almeno dieci elefanti – fra le corsie di una normale tratta autostradale nazionale a velocità folli per un mezzo che pesa decine di tonnellate. Quanti di questi disinvolti “padroncini” (e non solo) smarriscono il senso della realtà in un contesto in cui si ignorano le conseguenze di manovre che superano spesso il limite del buon senso e travalicano quello della sicurezza? Troppe direi.
Se le condizioni di guida sulle nostre autostrade sono diventate inaccettabili per quanto concerne la sicurezza soprattutto degli automobilisti, cosa si è fatto fino ad ora per porvi rimedio? Nulla. Anzi, l’inadeguatezza politica al problema, ha reso sempre più critica la situazione. Negli anni, gli ingombri delle moderne autovetture e soprattutto degli autocarri o camion come si vuole chiamarli sono aumentati a dismisura, in un contesto di strutture e reti stradali ferme ad oltre un secolo dalla loro costruzione, quando tutto il mondo viveva in un contesto antitetico rispetto a quello attuale.
IL PEDAGGIO PIU’ SALATO D’EUROPA
In Italia il costo del pedaggio autostradale è da nababbi. Ma condizioni e manutenzione sono spesso da Terzo mondo e da codice penale. Su tre corsie, là dove ci sono, troppo spesso gli automobilsiti ne possono utilizzare solo una, perché i mezzi pesanti, alti come piccole palazzine viaggianti, ne occupano i due terzi dell’intera carreggiata disponibile. E pensare che nella grande famiglia di questa fantomatica Unione Europea, divisa in tutto ma resa beffardamente solidale esclusivamente dalla moneta unica, le autostrade in Germania, Belgio e Olanda sono gratuite.
Da un servizio sul tema, a cura di Milena Gabanelli e di Ferruccio Pinotti pubblicato sul «Corriere della Sera», e pubblicato nel giugno dello scorso anno, vengono snocciolati dati ed informazioni di grande interesse e curiosità che, se paragonati alla situazione italiana, ci lasciano a dir poco basiti. Pensate che in Austria, esiste un abbonamento annuale per la circolazione su tutta la rete autostradale che costa 87,30 euro l’anno per gli automobilisti e 34,70 per i motociclisti. In Svizzera, invece, l’abbonamento costa 40 franchi l’anno, l’equivalente di 38,12 euro. Solo la Francia ha un sistema di pedaggi molto simile al nostro, anche se più a buon mercato, ecco un esempio pratico: Parigi-Lione sono più o meno 450 chilometri, €19,80 in moto, €33,30 in auto. In Italia la tratta Ventimiglia-Bologna, chilometraggio equivalente, costa 40,50 euro.
Il servizio del «Corriere della Sera», sempre sui costi dei pedaggi autostradali, ci ricorda che in Spagna le autostrade si chiamano Autovie e sono gratuite; solo per le Autopistas si paga. In Slovenia il costo dell’abbonamento annuale è di 55 euro per i motociclisti, di 110 per gli automobilisti. In Italia con questa cifra si può percorrere una volta la Milano-Napoli andata e ritorno.
CORSI DI GUIDA SICURA PER I NEO-PATENTATI
Per non parlare della qualità dei patentati in Italia, inversamente proporzionale alle prestazioni del mezzo meccanico che si accingono a guidare. In molti casi, purtroppo, anche alla persona meno “versatile” alla guida di un mezzo meccanico, viene concessa la licenza di guida. Un diritto giustamente accordato a tutti coloro dotati di condizioni psico-fisiche adeguate. Almeno sulla carta. Ma il dovere di saper dimostrare di conoscere in modo sufficiente e non certo marginale o talvolta insufficiente, le dinamiche di un auto in movimento, dovrebbe essere prerogativa sacrosanta, quanto il rispetto delle leggi della Strada.
La conoscenza della cartellonistica stradale e delle norme che regolano la circolazione non sono tutto. Alla conoscenza teorica, relativamente alle parti che compongono un’autovettura, è necessario – anzi, credo sia indispensabile ai fini di una maggiore sicurezza – aggiungere quella sul comportamento del mezzo meccanico in movimento. La padronanza del mezzo e le sue reazioni, magari in circostanza di una improvvisa emergenza, dovrebbero riguardare la formazione di ogni buon guidatore. Non ci vuole un esperto per capire che l’iter formativo per l’acquisizione delle patenti di guida in Italia è fin troppo desueto e ingessato rispetto ai tempi moderni. La tecnologia in questi anni ha fatto passi da gigante così come le prestazioni delle vetture. Seppure gli standard di sicurezza delle moderne automobili sono aumentati, bisogna pensare che in un contesto di grande affollamento stradale, i fattori di incidenza di pericolosità aumentano in modo esponenziale.
Sarebbe opportuno che alle classiche prove di guida su strada, quelle che tutti conosciamo nel classico iter formativo delle scuole guida in Italia, si associasse anche un breve periodo di esperenza pratica in circuito, attraverso una speciale convenzione con quelli che sono i Centri di guida sicura sparsi su territorio, su impianti specializzati in circuito chiuso, capaci di riprodurre quasi tutte le condizioni stradali esistenti.
GLI INCIDENTI STRADALI SONO AUMENTATI
A sostegno, purtroppo, di quanto scritto fin qui, ci sono i dati statistici diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Infatti, dopo una continua flessione di incidenti stradali a cui abbiamo assistito nei precedenti quindici anni, si rileva una preoccupante impennata del 24 per cento delle morti su strada registrate nel 2017.
Molti di questi incidenti hanno come causa scatenante la distrazione. Troppo spesso gli incidenti mortali sono la conseguenza dell’uso smodato del telefonino, la guida in stato ebbrezza o con uso di stupefacenti. Se a queste gravissime mancanze, aggiungiamo l’incapacità di gestire al meglio la guida su strada, la scarsa attitudine ai controlli di routine sulla nostra autovettura, come la corretta verifica della pressione degli pneumatici (almeno quattro volte all’anno) e il controllo ottimale dei dispositivi frenanti del nostro mezzo meccanico, è facile intuire quanto il pericolo che corriamo noi tutti automobilisti sia reale.
IL NUOVO CODICE DELLA STRADA
Anche se la sicurezza passiva della nostra rete stradale e autostradale è spesso nell’occhio del ciclone, questo governo ha provveduto ad inserire alcune modifiche al Codice della Strada. Il nuovo disegno di legge, già approvato in Commissione Trasporti alla Camera e ora al vaglio del Senato, è riportato in un testo unificato che prevede una serie di importanti novità. Ne riportiamo solo alcune fra le più interessanti.
Nel Nuovo Codice della Strada è previsto il raddoppio delle sanzioni per chi occupa un parcheggio dei disabili senza averne facoltà, oltre all’obbligo di installazione di cinture di sicurezza sugli scuolabus, e l’inasprimento delle multe per chi non rispetta i segnali di stop ai passaggi a livello, oltre ad un aumento delle sanzioni per chi usa il cellulare alla guida. Infatti, l’uso del telefonino, senza viva voce, può costare caro ma non solo. Il divieto si estende anche all’utilizzo, durante la guida, ai computer portatili, agli smartphone, tablet, notebook e altre diavolerie che possono distrarre il guidatore dalla guida.
La multa prevista sale da 165 a 422 euro ed è accompagnata anche dalla sospensione della patente da sette giorni a due mesi. In caso di recidiva la multa sale a 664 euro e la sospensione va da uno a tre mesi.
Fra le novità esiste anche una norma che rende possibile ciò che prima era per molti aspetti un tabù: parliamo del «tuning», ossia l’arte di modificare e quindi personalizzare l’aspetto delle vetture. Il nuovo disegno di legge prevede anche una norma sul «tuning libero» che permetterà una maggiore libertà nella personalizzazione dei veicoli auto e moto senza ulteriore visita e prova di collaudo.
Durata minina garantita ai semafori a luce gialla
Finalmente anche i semafori agli incroci stradali disposti sulle strade statali e comunali, dovranno rispettare alcune linee guida chiare, relativamente al fatto che nella riforma del Codice della Strada 2019 la durata minima della luce gialla, è fissata in cinque secondi. Proprio questo aspetto, estremamente “variabile” in alcuni casi a dir poco eclatanti, in quelli registrati presso alcune amministrazioni comunali negligenti, facevano “cassa” sugli automobilisti inconsapevoli di trovarsi di fronte ad un semaforo “intollerante”.
Decade anche l’obbligo da parte del possessore dell’autovettura di segnalare la sua identità nel caso si incorra in qualche contestazione per infrazione del Codice – con conseguente perdita dei punti sulla patente – non rilevata su strada. Anche questa situazione in passato è stata oggetto di numerosi ricorsi da parte degli utenti ai quali, veniva spesso contestata oltre alla ingiunzione di pagamento della multa per infrazione anche quella (salatissima) di omessa dichiarazione di identità, nonostante gli estremi dell’intestatario della contravvenzione coincidessero con il proprietario del mezzo.
Più tutela per i ciclisti ma…
Esiste anche una norma che prevede maggiore tutele per i ciclisti che usano la bicicletta in città, con la possibilità da parte delle amministrazioni comunali di adottare speciali corridoi in prossimità degli incroci stradali e di apposite linee di arresto più avanzate rispetto a quelle delle autovetture. Fra le novità che lasciano qualche perplessità vi è quella per cui un automobilista che si accinge a superare un ciclista deve rispettare l’obbligo di una distanza laterale di 1,5 metri rispetto al mezzo a due ruote a pedali.
È probabile che questa norma sia stata scritta senza considerare una serie di fattori: uno per tutti l’architettura e lo stato della rete autostradale italiana, che spesso è in condizioni pessime e con carreggiate strette anche per i due sensi di marcia. Si è sottovalutata la circostanza per cui molti cicloamatori, sia su strade urbane e soprattutto su quelle extraurbane, spesso, in gruppo, non tengono conto dei disagi provocati all’automobilista, usando spesso una condotta fin troppo disinvolta, soprattutto quando sono soliti pedalare in coppia con il proprio compagno, su strette e malconce strade provinciali, talvolta in salita.
È quindi lecito domandarsi, come potrebbe gestire una situazione critica un qualsiasi automobilista che si accinge a viaggiare su una strada provinciale a carreggiata non superiore ai cinque metri, quando alla sua destra si presenta un gruppo di ciclisti ai quali deve garantire lo spazio necessario minimo di sicurezza, senza sconfinare pericolosamente sull’altro verso di marcia, magari occupato dal transito di molti mezzi pesanti? Se la matematica non è un’opinione, allora ci domandiamo come la politica possa sostituire il buon senso a delle norme che appaiono molto generiche per non dire di difficile applicazione. Mi domando, quindi, se non sarebbe più saggio e strategico (anche per il rilancio turistico dei nostri territori) obbligare i comuni e le regioni di competenza alla costruzione di apposite piste ciclabili, come peraltro già esistono nelle regioni con amministrazioni autonome e a Statuto Speciale del Trentino e Alto adige. A volte basterebbe semplicemente copiare quanto di buono già esiste. E funziona.
Massimo Manfregola – giornalista
19/7/2019
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