Roma, i giornalisti protestano contro il ddl della legge bavaglio per vietare le intercettazioni
ROMA – È risaputo che l’Italia ha la memoria corta. E come capita spesso, proprio questa «disfunzione» congenita degli italiani nel volersi buttare tutto alle spalle, cancellando e dissimulando i buchi neri della storia della propria esistenza, aiuta certa politica e certa classe dirigente a riabilitare usi e costumi che alimentano, alla stregua di un diabolico ciclo inesauribile di illegalità, il malcostume e la corruzione del Bel Paese.
Allora ecco che la casta poltica corre ai ripari, approvando il ddl che contiene anche la legge delega sul tema delle intercettazioni telefoniche che elimina alla radice il pericolo di influenzare le coscienze dei cittadini e la loro memoria. È la legge bavaglio, approvata dalla Camera, per impedire le pubblicazioni audio e atti di rilevanza penale come quelli che i giornalisti pubblicano sulle pagine dei propri giornali.
Una sorta di «slavacondotto» mediatico per la politica che dovesse incappare nelle maglie della corruzione, rispetto alla divulgazione di quelli che sono gli accertamenti e le indagini giornalistiche nell’interesse popolare.
Nonostante le tante priorità legate alla riforma della giustizia e alle lungaggini dei processi civili e penali, il governo Renzi decide che è molto meglio pensare alla modifica del codice penale e del codice di procedura penale per punire i giornalisti che dovessero mettere il naso in fatti e faccende che devono rimanere «riservate». Sugli scranni di Montecitorio quelli che si sono espressi favorevoli alla legge bavaglio sono stati 314 parlamentari, 129 i contrari mentre 51 si sono astenuti. A votare contro il ddl bavaglio, che lede la libertà di stampa, la Lega, il Movimento 5 Stelle e Sel, mentre si sono astenuti i deputati di Foza Italia.
Dunque è partita questa mattina, presso la sede della Federazione nazionale della Stampa, la mobilitazione contro la proposta di legge bavaglio contenuta nella delega al governo in materia di intercettazioni, nell’ambito del progetto di riforma del processo penale. Sarà presentata la petizione on line che ha come primi firmatari il professor Stefano Rodotà e i giornalisti Marino Bisso, Arturo Di Corinto e Giovanni Maria Riccio e che ha già raccolto numerose adesioni.
Così come nel 2010 contro il ddl Alfano, parte la mobilitazione contro il ddl del governo Renzi e contro le continue intimidazioni e minacce ai giornalisti che mettono in serio pericolo la libertà di informazione. Attacchi sempre più pesanti al diritto di cronaca come quello emblematico rivolto ai novantasei giornalisti recentemente denunciati per aver pubblicato intercettazioni dell’inchiesta su Mafia Capitale.
E la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente con il recente ddl che affida al governo il potere di stabilire le regole sulla pubblicazione delle intercettazioni limitando la diffusione a solo quelle di rilevanza penale escludendo invece le conversazioni d’interesse pubblico. In questo modo si limita il diritto di cronaca e si colpisce il diritto di essere informati. Un nuovo bavaglio, dunque.
Ma i giornalisti e gli operatori dell’informazione non ci stanno, e per questo hanno indetto una conferenza stampa nella quale verrà presentato anche l’appello online www.nobavaglio.org . Saranno presenti, oltre al segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, gli autori dell’appello «No bavaglio»: Stefano Rodotà, Marino Bisso, Arturo Di Corinto, Giovanni Maria Riccio, i rappresentanti del Comitato promotore Articolo 21, Arci Associazione Nazionale, Associazione Nazionale Stampa Online (ANSO), Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI), Gruppo Abele, Il Fatto Quotidiano, Libera – Contro le mafie, Libertà e Giustizia, Libertà e Partecipazione, Ordine dei Giornalisti (ODG), MoveOn, Pressing – Giornalisti in rete, Sindacato Cronisti Romani, Stampa Romana, Usigrai, Unione nazionale cronisti italiani) e alcuni dei colleghi che, in questi giorni, hanno già sottoscritto l’appello.
Come in passato, l’obiettivo di questa iniziativa pubblica è mettere insieme tutti coloro che intendono battersi per difendere il diritto-dovere di informare. Per questo la mobilitazione che parte dalla Fnsi è aperta alle associazioni e agli organismi da sempre in prima linea per garantire la libertà di espressione e il diritto di cronaca, agli altri sindacati e a quanti, organizzazioni e singoli cittadini, considerano la libertà di informazione e il diritto di cronaca valori supremi del nostro ordinamento.
Dalla Fnsi partirà un appello anche alle associazioni e ai sindacati dei giornalisti di altri Paesi europei perché – come dimostrano i casi di Spagna, Francia e Turchia – i tentativi di imbavagliare la stampa sono ormai sempre più diffusi. Bisogna alzare la voce e scendere insieme in piazza.
«Consideriamo sbagliata, oltre che grave e pericolosa – afferma Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi –, la delega al governo su una materia così delicata come quella delle intercettazioni, che per gli aspetti che riguardano il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati su questioni di interesse pubblico contenute negli atti delle inchieste giudiziarie ha rilevanza costituzionale. Riteniamo che su questi temi ci sia un minimo comun denominatore nell’azione dei governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi decenni. Per questo la Federazione nazionale della Stampa Italiana non può tacere: a prescindere da chi è al governo, lo strumento della delega su materie come intercettazioni e servizio pubblico radiotelevisivo non ci piace. Abbiamo comunque accolto con favore la disponibilità manifestata dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in un recente incontro con una delegazione della Fnsi, a istituire un tavolo di confronto con rappresentanti del mondo accademico, della magistratura e del mondo dell’informazione per dare alla delega governativa contenuti che salvaguardino e tutelino tutti gli interessi in campo: quello della magistratura inquirente a utilizzare le intercettazioni come strumento di indagine, quello dei giornalisti di informare l’opinione pubblica su fatti e situazioni di pubblico interesse, anche se non penalmente rilevanti, quello dei cittadini estranei alle indagini a vedere tutelato il diritto alla privacy e alla riservatezza delle comunicazioni».
«Riteniamo – prosegue Lorusso – che questa attività possa impegnare l’Associazione nazionale magistrati e la Federazione nazionale della Stampa italiana in una collaborazione, nel rispetto delle competenze, dei ruoli e dell’autonomia di ciascuno, che eviti l’introduzione di bavagli che mal si conciliano con la giurisprudenza univoca della Corte europei dei diritti dell’Uomo. Quei principi, insieme con il diritto-dovere di informare i cittadini, nel rispetto della verità dei fatti e della dignità delle persone, continueranno a guidare l’attività dei giornalisti italiani. Anche nella sciagurata ipotesi che fossero introdotti bavagli fuori dal tempo e dalla storia».
Massimo Manfregola
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