La Rai chiede il pagamento del “super” canone speciale tv millantando dichiarazioni inesistenti
ROMA – Che la Rai, Radiotelevisione italiana, abbia fatto di tutto e di più affinché i contribuenti italiani non si sottraessero alla tassa sul canone del servizio pubblico è ormai risaputo. Il governo Renzi ha persino pensato di accorpare la tassa della tv di stato – fra le più contestate di quelle che turbano il sonno dei contribuenti italiani – con la bolletta dell’utenza elettrica. Ma sono le aziende, ancora una volta, quelle più tartassate e prese di mira dal fisco.
Nonostante il regime di libera concorrenza dell’emittenza televisiva commerciale, che assolve anche al compito di servizio pubblico, quello per cui i cittadini sono tenuti a pagare il canone alla Rai (anche se il conflitto di palese concorrenza ha determinato ufficialmente il costo del servizio fornito dalla televisione pubblica come una tassa sul singolo apparecchio televisivo), l’emmittenza radiotelevisiva italiana non ha mai smesso di sciogliere o allentare quel legame indissociabile fra televisione e politica, mediante un monopolio per certi versi ambiguo e discutibile sia per le scelte che per i costi di gestione.
Sebbene la legge di Stabilità abbia ridotto il canone televisivo alle attuali 100 euro da pagare con la bolletta dell’utenza elettrica, rispetto alle 113,5 euro dello scorso anno, la tassa televisiva del servizio pubblico nazionale, per quanto sia fra le più basse d’Europa, si scontra con una sorta di conflitto di interessi se si pensa che in Francia, ad esempio, è stata bandita completamente la pubblicità dai palinsesiti televisivi, a fronte di un canone leggermente più alto rispetto al nostro.
Quindi il servizio pubblico nazionale, a fronte del canone, è quello che si finanzia maggiormente con gli introiti pubblicitari, a differenza dei suoi principali competitor europei. Eppure l’aggressività manifesta di molte aziende erogatrici dei beni di pubblica utilità come i gestori dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua potabile, ha finito per contagiare anche la Rai, che recentemente ha recapitato ad una società pubblicitaria romana un avviso di pagamento dell’imposta sul “canone speciale” di euro 407,35 per il canone televisivo e di euro 29,94 per il canone radio.
La società presa di mira dalla Rai, che a causa della difficile congiuntura economica e per l’inadempienza di molti committenti è di fatto ferma, bloccata dalla mancanza di liquidità e braccata dall’Agenzia delle Entrate che reclama il pagamento delle tasse su fatture mai incassate, è stata costretta alla dismissione delle utenze della luce, telefono e gas, in quella che era la sua sede operativa, ora adibita a deposito e archivio cartaceo di documenti societari.
Motivi, questi, che sono stati alla base della contestazione nei confronti dell’ufficio contabile dell’emittente pubblica di Stato, assieme all’attribuzione di un canone “speciale” riservato in via esclusiva alle categorie di pubblici esercizi come residenze alberghiere, negozi, esercizi di ristorazione che dichiarano di avere in dotazione più apparecchi televisivi. Inoltre, nella richiesta della Rai, si ravviserebbe un tentativo di raggiro, aggravato dalla manipolazione di informazioni fiscali non corrispondenti al vero, rispetto alla denuncia dei redditi disposta dalla società in questione, e nella quale si specifica che non dispone di apparecchi utili alla ricezione di segnali radiotelevisivi.
Una situazione che ha il sapore di una beffa, e che sempre più spesso si associa ad altre fantasiose richieste dei gestori di servizi di pubblica utlità i quali, forti di certo favorevole rapporto di forza nei confronti del cittadino, sempre più spesso reclamano richieste di pagamento che sconfinano in quelli che sono dei veri e propri reati penali.
Massimo Manfregola – giornalista
16/5/2016
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