Dieselgate, lo scandalo si allarga e conivolge anche i marchi Porsche e Audi
ROMA – Wolfsburg come Detroit. L’esempio è impietoso ma realistico, se pensiamo che il caso «dieselgate» si allunga come un’ombra minacciosa anche su altri marchi prestigiosi del Gruppo Volkswagen. Due città, quella tedesca della Bassa Sassonia e l’atra, quella dello Stato del Michigan, una volta capitale dell’industria automobilistica statunitense, legate da un denominatore comune e forse dallo stesso destino.
Se l’industria della Volkswagen ha costruito praticamente dal nulla la sua città dormitorio per i lavoratori della sua simbolica fabbrica delle quattro ciminiere, la sede delle Big Three, le tre grandi dell’auto (General Motors, Ford e Chrysler) fece la fortuna di Detroit, la città che nel 2013 ha dichiarato fallimento per l’impossibilità di pagare i suoi debiti a seguito della feroce crisi del 2009 che aveva messo in ginocchio i tre marchi simbolo dell’industria automobilistica mondiale.
Lo scandalo sui valori contraffatti delle emissioni di ossido di azoto (NOx) relativamente ai motori «EA 189» Euro 5 del marchio Volkswagen, si è abbattuto come un tifone sulla seconda Casa automobilistica del pianeta dopo la Toyota; un colosso che controlla 12 marchi, con circa 600 mila dipendenti, 119 impianti sparsi nel resto mondo, 10 milioni di auto vendute e un fatturato di oltre 200 miliardi di euro. Secondo gli analisti, la perdita di reputazione sul mercato mondiale dell’automotive avrà delle ripercussioni negative a lungo termine, con delle perdite economiche che incideranno sulla «salute» finanziaria della Vw soprattutto nel disperato tentativo di fronteggiare lo sforzo a cui sarà sottoposta tutta la società per il ripristino delle centraline – e con esse anche l’intera gestione del motore – nella grandiosa «procedura di richiamo» che a partire dal gennaio 2016 interesserà almeno 8 milioni di autovetture vendute solo nel continente europeo.
Un duro colpo per le finanze del Gruppo Vw
Per 15 anni la Casa di Wolfsburg ha chiuso il suo bilancio in attivo, con il massimo storico del 2014 con 12,7 miliardi di utile. Una cifra record che, a partire da quest’anno, invertirà la tendenza portando il segno negativo a quelli che erano i rosei bilanci della Casa tedesca.
La Volkswagen corre ai ripari e predispone un primo accantonamento di 6,7 miliardi di euro per fronteggiare una crisi che si preannuncia lunga e di dimensioni non ancora circoscritte. Per non parlare dell’esborso di circa 18 miliardi di dollari in sanzioni imposte dagli Usa per la manipolazione delle centraline incriminate. Ma il fondo necessario per tamponare quelle che saranno le cause dei consumatori per aver ragione di una situazione che definire scomoda è puro eufemismo, necessiterà di ulteriori ravvedimenti che metteranno a dura prova le casse della casa automobilistica fra le più importanti del globo.
In America, i 482 mila clienti ingannati, ricorreranno ad una «class action» con la previsione di risarcimenti milionari. Anche in Italia il ministro dei Trasporti Del Rio non ha esitato ad apostrofare come «truffa riconosciuta» quella che ha coinvolto circa 8 milioni di autovetture in tutta Europa (circa 700 mila in Italia), interessando i marchi Volkswagen, Audi, Skoda e Seat. Sullo stesso piano del ministro del governo Renzi c’è anche l’Adiconsum, con il presidente Pietro Giordano, che ha predisposto una procedura di partecipazione, anche on-line sull’apposito sito web, per tutti i consumatori che vorranno aderire alla class action.
Brusco calo delle azioni in Borsa
Se i consumatori sono sul piede di guerra anche gli azionisti della Volkswagen non scherzano, perché potrebbero chiedere un rimborso sulle azioni acquistate, dopo che queste hanno perduto drammaticamente valore dopo il calo di fiducia che si è abbattuto su tutti i mercati azionari. È il caso di dire che le azioni Vw hanno già subito una bella sbandata in Borsa e le previsioni sono tutt’altro che rassicuranti anche in virtù del fatto che sono finiti sotto accusa anche i propulsori a benzina oltre che quelli diesel. Sulla Borsa di Francoforte i titoli azionari del colosso tedesco sono in riserva di ossigeno e gli utili sono solo una chimera visti i rischi crescenti che incombono sul buon nome della Casa di Wolfsburg.
La Bundestag, il parlamento federale tedesco, ha recentemente annunciato che, se l’esito dei dati certificati da commissioni indipendenti sulla possibilità che gli interventi di ripristino delle emissioni di ossido di azoto sui motori diesel Euro 5 si tradurranno in una perdita di prestazioni del veicolo, il contratto stipulato fra il cliente e il concessionario al momento dell’acquisto dell’auto può essere risolto e quindi l’automobilista avrà diritto al risarcimento di quanto pagato e richiedere il risarcimento dei danni.
Sempre il governo tedesco, per voce del ministro dei Trasporti, Alexandre Dobrindt, durante un discorso alla Camera bassa del Parlamento tedesco ha dichiarato che sono 98 mila le automobili a benzina sulle 800 mila totali della Volkswagen che avrebbero medesimi problemi di omologazione. Inoltre la Vw dovrà farsi carico pure dei sovraccosti fiscali che ne deriveranno dal nuovo calcolo sulle emissioni effettive di sostanze inquinanti.
Anche la Porsche con le mani nella marmellata
La statunitense Environmental Protection Agency (Epa), l’ente di protezione dell’ambiente degli Stati Uniti, continua a fare le pulci alla Volkswagen. Questa volta nel setaccio sono finiti anche i motori tre litri diesel le cui emissioni di ossido di azoto risulterebbero non conformi a quanto previsto dai rigidi protocolli sui parametri previsti per superare gli standard di omologazione. Si tratta dei motori che equipaggiano i modelli della Porsche e Audi. Per questo motivo sia in Canada che negli Stati Uniti sono state bloccate le vendite di Porsche Cayenne. La stessa Casa degli anelli ha deciso di sospendere le vendite dei modelli A6, A7, A8, Q5 e Q7. A questi si aggiunge la Volkswagen Touareg.
Secondo quanto sostiene Cynthia Giles, rappresentante dell’Epa, in un comunicato stampa l’agenzia di stampa DPA, i valori minimi di ossido di azoto (NOx) ammessi negli Stati Uniti sarebbero stati superati fino a nove volte da questi motori di grossa cilindrata. Secondo alcuni dati solo nella Grande Mela sarebbero circa 3.000 i modelli Cayenne dotati di un propulsore V6 diesel.
Da quanto riportato dal settimanale tedesco on-line «Focus», la Porsche avrebbe ritirato dal mercato la Panamera, nonostante il 40% delle preferenze delle motorizzazioni diesel da parte dei suoi clienti. Una scelta, quella della Casa Stoccarda di Zuffenhausen, che non sarebbe legata allo scandalo tutt’ora in corso, bensì dalla opportunità di equipaggiare la Panamera con motorizzazioni Euro 6 previste a partire dal 2017.
Se le ipotesi di un coinvolgimento della Porsche nel gorgo del «dieselgate» diventassero fondate a tutti gli effetti, allora sarebbe un duro colpo per la solida immagine storica e sportiva della Porsche, che ha avuto come presidente e amministratore delegato (dal 1° ottobre 2010) proprio l’attuale numero uno di Volkswagen, Matthias Müller, che dopo lo scandalo «dieselgate» ha preso il posto il dimissionario Martin Winterkorn. Si vocifera che il software «intelligente» che ha permesso di raggirare e falsificare i dati relativi alle emissioni di ossido di azoto, sia stato messo a punto da uno staff di ingegneri che operava in Porsche. Se venisse accertata questa ipotesi, a maggior ragione non escluderebbe un coinvolgimento diretto dell’attuale ceo di Vw, certamente informato di quanto accadeva. Ad avvalorare questa ipotesi potrebbe esserci anche la sospensione del capo della ricerca e sviluppo della Porsche, Wolfgang Hatz, – che dal 2007 al 2010 è stato responsabile dello sviluppo motori Vw – nel momento in cui è scoppiato lo scandalo della Casa tedesca.
Mercato e prospettive al ribasso anche per i prezzi delle autovetture
Se è vero che sul lungo termine la Volkswagen dovrà affrontare le conseguenze di una reputazione ormai compromessa che avrà le sue ripercussioni sul posizionamento del prodotto nel mercato globale, le strategie della Casa tedesca dovranno puntare sulla qualità e sull’innovazione tecnologica delle sue automobili. Ma è nel breve periodo che la Volkswagen dovrà affrontare le questioni più spinose e forse più imprevedibili. Per mantenere la sua quota di mercato dovrà pensare ad una operazione di marketing senza precedenti per tenere testa ai suoi principali competitor come Toyota e Mercedes. A parte la strategia dei prezzi, l’operazione più complessa sarà quella di pianificare una linea di controllo e sviluppo in grado di rielaborare quelli che sono i piani di investimento nella direzione di tecnologie in grado di mettere in campo automobili che possano reggere il confronto le soluzioni ibride di Toyota e la tecnologia raffinata della Mercedes.
L’affaire «dieselgate» ha dunque tutti i contorni di un giallo il cui finale è ancora da scrivere.
Massimo Manfregola
credits photo: Dapd/Spwol
Dalla Germania ha collaborato Piero Melloni
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