Giornalisti a scuola di Rambo per le missioni nelle aree di crisi all’estero
ROMA – In uno scenario internazionale, dove la lotta armata fra tribù ed etnie diverse, soprattutto in Medio Oriente, fa crescere il livello d’allarme delle organizzazioni internazionali umanitarie nei confronti delle popolazioni che sono ostaggio di questi conflitti che negano o mettono a rischio la pace e la democrazia dei paesi belligeranti, diventa obbligatorio l’intervento delle forze militari internazionali nei teatri di guerra.
Iraq, Afghanistan, Iran, Libano, Kosovo, sono alcuni fra i nomi di quei paesi che da qualche decennio sono alla ribalta della cronaca internazionale per gli efferati effetti di guerre civili che hanno cambiato e spesso stravolto lo stato geopolitico di quei pesi.
Ovunque nasca un conflitto che scateni gli interessi internazionali c’è un esercito pronto a decidere le sorti e i destini di un mondo che cambia. Di conseguenza, nasce l’esigenza di informare l’opinione pubblica mondiale direttamente dagli scenari di guerra, in condizioni spesso critiche e non certo prive di rischio. Per questo anche il nostro ministero della Difesa ha predisposto un’attività di “embedded” con i militari italiani in missione nei teatri di guerra internazionali. Vale a dire che ogni giornalista che fa richiesta per essere accreditato presso l’Ufficio di Pubblica Informazione dello Stato Maggiore della Difesa, viene affiancato e inglobato con le unità militari che operano in missione nelle aree di crisi.
Una opportunità utile agli operatori dei media e dei giornalisti inviati nei teatri di guerra per espletare il loro lavoro di inviati in un contesto dove non esistono quei requisiti essenziali di sicurezza se non quelli garantiti da una base militare nella quale sono operative le truppe delle forze della coalizione.
Grazie ad una iniziativa patrocinata dallo Stato Maggiore della Difesa e dalla Fnsi (Federazione nazionale della Stampa italiana) è stata promossa la XI° edizione del Corso per giornalisti destinati nelle aree di crisi. Un corso formativo della durata di dieci giorni, al quale hanno preso parte 16 giornalisti provenienti da tutta Italia. Un percorso teorico e uno pratico, sono state le linee guida del processo istruttivo condiviso dal gruppo degli operatori dell’informazione iscritti al corso, nel contesto di un programma propedeutico fitto, ma al tempo stesso interessante e unico nel suo genere. Suddiviso fra Roma, La Spezia, Pisa e Livorno, l’iter formativo ha scandagliato ogni aspetto legato alle questioni di diritto internazionale, regole d’ingaggio, procedure e quant’altro indispensabile alla conoscenza di base di quella che è la struttura di vertice delle Forze Armate e della Difesa italiana.
La parte operativa, dedicata interamente alle procedure di difesa e di messa in sicurezza del personale che opera nelle aree di crisi, è stata quella più entusiasmante e al tempo stesso quella che ha messo a dura prova fisico e nervi di quanti hanno partecipato a questa esperienza unica nel suo genere.
Essere catapultati in una realtà nuova e affascinante come quella vissuta nei centri di addestramento delle Forze speciali come il 9° Reggimento Incursori “Col Moschin” del COMFOSE (COMando FOrze Speciali Esercito), della Brigata paracadutisti “Folgore” o della seconda Brigata operativa dei Carabinieri del Tuscania presso il Centro Interforze Cisam di Pisa ha significato capire meglio il grado di professionalità della nostra Difesa e degli uomini che la caratterizzano, con una passione e una dedizione che rendono onore alla parte più nobile della nostra storia di paese e nazione oltre che motivo di ammirazione per il mondo intero.
ZONA OPERATIVA A VALLE UGIONE CON I PARA’ DELLA FOLGORE
Il pullman ci lascia all’ingresso di quella che sembra una vecchia fabbrica abbandonata alle porte di Livorno. E invece è un’apposita area boschiva che il demanio forestale ha ceduto alla Brigata dei Paracadutisti della Folgore dopo che per decenni è stata una riservetta per il deposito di armi, munizioni ed esplosivi. La nostra presenza a Valle Ugione è stata pianificata a tavolino in ogni dettaglio e i giornalisti vengono divisi in due gruppi in modo che le due squadre possano affrontare, alternandosi, il serrato programma della giornata che ha inizio prendendo posto ognuno su due mezzi militari VM 90 Torpedo della Iveco che ci trasferiranno nella zona di addestramento dove è stato approntata la simulazione reale di un campo minato con ordigni IED (Improvised Explosive Device) che i militari della Folgore hanno disseminato nel terreno e fra gli anfratti di un’area boschiva da bonificare. Bisognerà mettere in atto quello che ci è stato insegnato nel corso del lungo briefing del giorno precedente: l’ambiente sembra innocuo, ma le trappole sono numerose e nascoste ad arte, come vuole la lezione pratica che bisognerà portare a termine.
Gli ordigni esplosivi improvvisati, più comunemente conosciuti come IED, sono le trappole terroristiche usate contro la popolazione civile e i convogli militari della Coalizione che operano negli scenari di guerra più difficili del Medio Oriente. Sono ordigni rudimentali, e possono contenere quantitativi differenti di esplosivo. I ragazzi della Folgore – che hanno un’età media che non supera i 24 anni – si tengono a distanza dal nostro gruppo e fanno cerchio, incuriositi dalla nostra capacità di “stanare” il pericolo di un potenziale agguato dietro ogni foglia o persino ogni ramo che potrebbe essere collegato ad un filo che a sua volta attiva un innesco esplosivo.
Anche una semplice e rudimentale molletta per i panni può azionare un ordigno. Si procede sul percorso minato come farebbe un gatto che vuole stanare il topo. Ma il nostro passo sincopato non ci mette al riparo dalle insidie che si nascondono sotto i nostri piedi, magari in un passaggio “obbligato” dove nella terra è stato posizionato un ordigno a pressione o a rilascio. In questi casi anche la variazione di colorazione o di tonalità del terreno in un determinato tratto di strada potrebbe servire a far accendere la spia sull’esistenza di una minaccia reale. In questo caso la nostra esperienza si è risolta solo con l’esplosione di piccole cariche depotenziate utili al tirocinio operativo degli allievi.
Anche un giocattolo, abbandonato apparentemente per caso, o un elmetto militare potrebbe nascondere la trappola mortale. Tutto questo ci è stato utile per comprendere quanto sia difficile, rischioso e laborioso bonificare un tratto di strada di poche decine di metri. Quanto possa essere alta la pressione psicologica dei nostri specialisti che operano sul campo per mettere in sicurezza un’area che apparentemente non presenta nessun pericolo. All’esperienza è necessario integrare sempre una massiccia dose di prudenza che è indispensabile per valutare ed interpretare le condizioni esterne: anche la presenza di un riferimento isolato come un albero, un vecchio bidone di lubrificante abbandonato, potrebbe diventare una traccia determinante per la valutazione del pericolo incombente.
IMBOSCATE E RAPIMENTI SIMULATI
Vivere in prima persona un’imboscata – benché sia stata simulata – da una gruppo di terroristi armati fino ai denti mentre si è in marcia su un automezzo, in una zona isolata del bosco, è quanto di più destabilizzante si possa provare. È cominciata pressappoco così la simulazione di rapimento da parte di un fantomatico gruppo capeggiato da “Granz Kista” e “Al Gambin” il quale, dopo aver bloccato i mezzi sui quali eravamo trasportati, ci ha aggrediti, con toni coloriti e minacciosi, ci ha costretto a scendere dai fuoristrada, ci hanno incappucciati, messi in ginocchio con la canna del fucile puntata sulla nuca e ammanettati. Poi via, a tutto gas, verso un rifugio nascosto fra la vegetazione dopo un breve tragitto su un’impervia strada sterrata. Incappucciati e ancora sorpresi per quella situazione inusuale, siamo stati scortati in quella che sembrava un’abitazione diroccata, piena di detriti in terra, dove i nostri rapitori con il volto coperto, ci hanno costretti ad indossare delle tute di colore arancio, dello stesso tipo di quelle che hanno immortalato i prigionieri dell’Isis nei terrificanti messaggi televisivi divulgati dai tagliagole seguaci del Califfato islamico.
Sempre incappucciati, con l’aria che filtrava a stento dalla fitta maglia di un tessuto impregnato da un puzzo nauseabondo, la prigionia si è protratta per circa tre ore, sotto la minaccia di due pseudo terroristi i quali, secondo una strategia ben consolidata, e grazie alle testimonianze riportate da quegli ostaggi che hanno avuto la fortuna di essere liberati, sono stati in grado di riprodurre quelle condizioni di estremo disagio, con lo scopo di stimolare quelli che sono stati gli insegnamenti teorici ricevuti durante il corso e, soprattutto, la consapevolezza di quanto sia importante “fare sistema” con il gruppo in certe situazioni, in modo da generare una sinergia comune molto utile nel caso in cui tutto questo dovesse verificarsi nella realtà.
SULLA NAVE SCIROCCO CON L’ESERCITAZIONE DEL COMSUBIN
Dopo le procedure da seguire nei check-point e nelle scorte armate con i blindati Lince, anche la Marina Militare ha giocato un ruolo importante in questo approccio pratico con il Corso riservato ai giornalisti. L’Arsenale militare di La Spezia ha fatto da sfondo alla nostra giornata operativa che si è svolta interamente sulla Nave Scirocco, comandata dal capitano di fregata Jacopo Rollo, sulla quale si è tenuta un’esercitazione dei Comsubin, il Comando Subacquei e Incursori che dipende direttamente dal Capo di Stato Maggiore della Marina, a loro volta suddivisi in GOS (Gruppo Operativo Subacquei) e GOI (Gruppo Operativo Incursori), dove i primi sono caratterizzati dal basco blu e i secondi da quello verde.
Per poter assolvere questa vasta tipologia di compiti, gli Incursori, oltre ad una spiccata e specifica preparazione come uomini rana e conduttori di mezzi insidiosi, in relazione alle possibili linee di avvicinamento agli obiettivi, devono essere anche abili paracadutisti e provetti rocciatori, oltre ad avere una elevata capacità a permanere ed operare per un certo periodo in territorio avversario. Di qui discendono le peculiari capacità individuali degli operatori che devono essere in grado di fornire tutte una serie di prestazioni fisiche, tattiche, strategiche e militari di altissimo profilo.
Per l’occasione era previsto anche un volo tattico con manovra “touch and go” a bordo del nuovissimo elicottero multiruolo della Marina Militare SH90, il primo elicottero al mondo con tecnologia “fly-by-wire”, senza collegamenti meccanici fra i comandi del pilota e i comandi delle pale. Infatti, tutto viene trasmesso attraverso cavi di fibre ottiche. L’elicottero Sh90, del peso di 11 tonnellate, può espletare missioni antisommergibile e antinave, trasporti truppe e ricerca SAR, il tutto con una manovrabilità di una libellula.
ESFILTRAZIONE DALLA 46° BRIGATA AEREA DI PISA
L’ultima giornata operativa dei giornalisti che hanno partecipato al XI° Corso FNSI/SMD, ha preso il via dall’aeroporto della 46° Brigata Aerea di Pisa. Questa volta l’obiettivo era quello di abbandonare con la massima rapidità un luogo reso insicuro per il precipitare di una situazione contingente a bordo di un velivolo C130J. Non di rado infatti i velivoli da trasporto C130-J e i C27-J dell’Aeronautica Militare sono chiamati a svolgere realmente queste operazioni in concorso con altre istituzioni dello Stato. Nel recente passato, infatti, si è reso necessario rimpatriare i nostri connazionali da alcuni stati del Nord Africa, nelle prime fasi della cosiddetta “Primavera araba”. I giornalisti partecipanti all’esercitazione, preliminarmente istruiti sulle procedure di sicurezza a seguire durante la prova, hanno indossato elmetti e giubbetti balistici e, scortatida unità del Gruppo Protezione delle Forze, si sono rapidamente imbarcati su un velivolo C-130J pronto al decollo con i motori accesi sull’area di manovra, con rampa e portelloni aperti – secondo la procedura denominata ERO (Engine Running Operation) – per il successivo volo di trasferimento che ha concluso l’esercitazione presso il 31° Stormo dell’Aeroporto Militare di Ciampino.
Massimo Manfregola
Twitter: masman007
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Crediti: Aeronautica Militare, 46° Brigata Aerea di Pisa, Marina Militare, SMD
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