Rocca Pia, fra storia e tradizioni delle genti d’Abruzzo nel Parco della Majella
ROCCA PIA – La nostra destinazione è Rivisondoli, l’accogliente paesino che sorge nel cuore dell’Altopiano delle Cinque Miglia, nell’area Parco della Majella. Ma, dopo aver attraversato la Valle del Gizio e scalato i primi tornanti della strada che si arrampica fino a superare un dislivello di oltre mille metri, sul percorso più noto come Via Napoleonica, già conosciuto ai tempi di Orazio, una deviazione ci impedisce di attraversare uno dei tanti viadotti che collegano le gole di queste montagne del nostro Appennino centro-meridionale, che d’inverno si popolano di sciatori e di appassionati degli sport invernali per raggiungere le piste della vicina Roccaraso.
Il passaggio “forzato” verso l’abitato di Rocca Pia è d’obbligo. Poche case, nemmeno 100 residenti, in un contesto di montagna accogliente, ci obbligano ad una sosta turistica per approfittare della lieta e inaspettata situazione. I profumi sono quelli classici dei paesi d’altri tempi, e si mescolano con quelli che provengono dalle cucine delle abitazioni in pietra che si susseguono, a stretto contatto l’una dall’altra, quasi a descrivere un disegno armonico con il territorio circostante che sembra essere rimasto intatto negli anni.
Un tempo Rocca Pia, proprio per la sua posizione geografica, era una zona di transito di collegamento tra il centro e il meridione d’Italia. Nell’antichità questo percorso di montagna veniva chiamato Via Numicia, e attraversava il territorio di Rocca Pia per collegare la Valle Peligna d’Abruzzo con il Sannio. Nel VII e VIII secolo, l’abitato era compreso nel Ducato di Spoleto, ed ebbe una crescente importanza proprio per la sua posizione strategica. Le antiche tracce storiche riconducono a Florina, il nome del primo abitato dove oggi sorge il piccolo paese di Rocca Pia. Pare che i primissimi gruppi di case si siano insediate nei pressi dell’antica chiesa di San Marcello, dov’è ubicato il cimitero che sorge ai piedi di Macchialonga.
Un luogo strategico, punto di collegamento inserito nell’antica “Via degli Abruzzi” o “Regia strada degli Abruzzi“, la grande arteria viaria medievale che collegava Firenze a Napoli e che diventò presto l’asse fondamentale per lo sviluppo della rete commerciale di tutto il periodo angioino oltre che tratturo Celano-Foggia per il transito delle greggi nella transumanza fino in Capitanata nella fertile pianura foggiana.
A conferma del suo ruolo strategico, esistono ancore tracce sull’esistenza del castello costruito nel corso del XXII sull’altura a sud-est del paese attuale. I sistemi difensivi e la torre di avvistamento, in collegamento con i principali fortilizi della Valle Peligna, consentivano alla popolazione e ai signori dominanti di controllare il passaggio e, in caso di bisogno, di organizzare la difesa dentro le mura fortificate.
L’attuale nome di Rocca Pia, lo si deve ad una visita di passaggio del re Vittorio Emanuele II nel lontano 1860, il quale, su richiesta degli stessi abitanti, cambiò il vecchio nome di Rocca Letizia (nato su decreto di Gioacchino Murat nel 1815) nell’attuale, in onore di sua figlia Maria Pia.
La buon tavola a Rocca Pia
Quella che era una volta la vecchia strada che collegava l’altopiano delle Cinque Miglia, tagliando in due l’abitato di Rocca Pia, è ora parte integrante del paesino abbruzzese. Fra dedali di case e salite più o meno ripide, c’è tutta la scenografia di questo paese che fra le sue mura custodisce tutta la migliore tradizione culinaria del luogo.
Nella zona della “Rua“, così come la chiamano i roccolani, c’è una piccola trattatoria a gestione familiare, che custodisce tutti i segreti della cucina tipica del posto. Un vecchio pagliaio che l’amore e la passione dei coniugi Michele e Nunzia, hanno trasformato in un accogliente punto di ristoro e degustazione di piatti che richiamano la semplicità e la cura della tradizione contadina. La trattoria “Il Vecchio Ristoro” nasce dunque come autentico rifugio del gusto per l’esaltazione della tradizione enogastronomica del luogo.
La saletta al primo piano è sobria ed accogliente. Sui muri le belle riproduzioni di Teofilo Patini, l’artista di Castel di Sangro che nel 1800 realizzò autentici capolavori con pittura ad olio che fotografavano le scene di vita fissuta delle genti del posto, fanno proprio da cornice ad un ambiente minimalista che è in perfetta sintonia con lo stile e la semplicità del posto.
Semplici e gustosi sono anche i piatti che la signora Nunzia riesce a preparare per i suoi avventori. Grazie alla sfoglia di pasta rigorosamente fatta in casa è possibile gustare degli gnocchi con ragù di carne mista, oppure degli ottimi ravioli con ricotta di pecora e zucchero conditi con del pomodoro fresco. Ottimi sono anche i secondi di carne alla brace, di allevamenti nostrani.
Anche i dolci sono preparati in casa secondo antiche tradizioni tramandate in famiglia, come la squisita crostata di ricotta, dalla sfoglia leggera dalla giusta consistenza.
La cantina conserva solo bottiglie di vitigni abruzzesi. I vini selezionati dalla trattoria provengono da tutte e quattro le province della regione, spaziando dall’ottimo Montepulciano d’Abruzzo ai non meno importanti Cerasuolo d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo, Passerina e Pecorino.
Anche il pane fatto con il grano tenero di Solina è una specialità del posto come ci spiega Gaudenzio Ciotti, il figlio di Michele e Nunzia, che assieme a sua sorella gestisce la trattoria di famiglia, dopo che entrambi sono rientrati da Roma, città dove hanno svolto gli studi universitari: «La tradizione del pane fatto in casa ha uno stretto legame con le tradizioni della mia famiglia e in particolare di mia nonna. Infatti, un tempo i contadini di montagna non disponevano di grano duro, ma solo frumento tenero tipico delle montagne abruzzesi. Per questo motivo abbiamo voluto mantenere e coltivare quest’antica tradizione anche per i nostri clienti, che così possono gustare i profumi e i sapori di un pane d’altri tempi».
Massimo Manfregola
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