Si è conclusa la missione spaziale di Samantha Cristoforetti: dalla Iss alla Terra in meno di 4 ore
ROMA – AstroSamantha ha nuovamente i piedi sulla Terra. Due minuti di ritardo sulla tabella di marcia sono più che comprensibili se si pensa che la nostra cosmonauta arrivava dallo spazio, dopo 200 giorni di permanenza a bordo della Iss, la Stazione spaziale internazionale. Erano le 15,45 ora italiana quando la navicella Soyuz TMA-15M ha toccato il suolo della steppa pontico-capisca del Kazakistan, nei pressi della citta’ di Dzhezkazgan a sud di Karaganda.
Un viaggio lampo a quasi 29mila chilometri orari di velocità, prima che il paracadute permettesse alla navicella di atterrare nel punto prefissato, con una precisione quasi chirurgica.
Si conclude così la missione compiuta dal capitano e pilota italiano dell’Aeronautica militare insieme al russo Anton Shkaplerov e allo statunitense Terry Virts a bordo della Stazione spaziale internazionale.
I preparativi prima della partenza per la Terra
Dopo i saluti di rito con i colleghi che sono rimasti in orbita nella Iss, alle 10.45 il portellone della capsula si era chiuso alle loro spalle: solo 5 metri cubi di spazio angusto da dividere con i tre astronauti con in tasca il biglietto di ritorno. Poi la navicella Soyuz si è sganciata alle 12.21, prima di fluttuare nello spazio per tre ore.
Quindi la navicella si è allontanata lentamente dalla Stazione ad a una velocità relativa di 12-15 centimetri al secondo grazie ad un sistema di molle, restando comunque nella stessa orbita. Ad una distanza di sicurezza di circa 20 metri dalla Stazione spaziale i motori della Soyuz sono rimasti accesi per un tempo lampo di 15 secondi, giusto per garantire la velocità di separazione. Dopo averne percorsa una e mezza, avviene il “deorbit burn“, che si traduce con “accensione di rientro o retro-accensione” con i motori che restano accesi per 4 minuti e 45 secondi, il tempo necessario per rallentare la velocità e consentire alla navicella di posizionarsi sulla traiettoria di discesa nell’atmosfera: è un’operazione che permette alla Soyuz nei successivi minuti di scendere e rallentare fino a uscire dall’orbita.
Dopo l’uscita dall’orbita, a circa 140 chilometri dalla terra, 87 miglia, è avvenuta la separazione del moduli della navicella che si è separata in tre parti. Solo una, quella con a bordo Cristoforetti, Shkaplerov e Virts è tornata a terra, le altre due si sono distrutte nell’impatto con l’atmosfera.
La discesa da brividi e il contatto con l’atmosfera
Appena due minuti più tardi (le 15,20 italiane) a 62 miglia la capsula Soyuz è entrata nell’atmosfera. È una delle fasi più delicate e pericolose del volo di ritorno, viste le temperature elevatissime che raggiunge la superficie esterna della capsula. A garantire la incolumità dei tre astronauti c’è solo l’efficacia dello scudo termico della capsula di atterraggio. A 10.500 metri la velocità è di 800 chilometri orari dopo i 28.800 iniziali al momento della partenza dalla Stazione spaziale internazionale. A quell’altitudine si è aperto il paracadute: il principale con un’apertura di 100 metri quadrati, che alla fine ha rallentato la velocità della navicella a poco più di una ventina di chilometri orari. Le sollecitazioni a cui è stato sottoposto l’equipaggio a causa delle decelerazioni sono state da brividi, perché possono superare anche i 4 G, vale a dire ben quattro volte la nortmale forza di gravità.
L’ultimo spettacolo “pirotecnico” prima del contatto al suolo è stato quello dei retrorazzi della capsula che, alla distanza di circa un metro dal suolo, si sono accesi per consentire un “fine corsa” più morbido possibile.
Ad attendere gli astronauti c’erano a terra squadre specializzate pronte ad accogliere l’equipaggio a missione appena conclusa. Una volta aperto il portellone della capsula del Soyuz TMA-15M, dove sono stati stipati i tre cosmonautici nel corso del viaggio verso la Terra, si è immediatamente provveduto ad estrarli di peso dalla capsula ancora calda dall’impatto con l’atmosfera.
Dopo gli accertamenti di rito secondo un rigidissimo protocollo di sicurezza internazionale, Cristoforetti e Virts sono partiti direttamente con un volo della Nasa alla volta dell’aeroporto del centro spaziale di Houston. Nel centro texano Samantha sosterranno non solo il previsto periodo di riabilitazione dopo gli oltre sei mesi trascorsi in assenza di gravita’ ma scarichera’ anche tutti i dati scientifici raccolti.
Massimo Manfregola
Credits: NASA/Victor Zelentsov/Ansa
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