Ritorno al futuro per la nuova Ford GT al Salone dell’Auto di Detroit
ROMA – È il salone dell’auto che portava il nome della città dello Stato del Michigan, una volta la capitale dell’industria automobilistica statunitense, prima che nel 2013 la città dichiarasse fallimento per l’impossibilità di pagare i suoi debiti. Ed è forse per questo motivo che gli organizzatori hanno pensato di battezzare il salone internazionale dell’auto con l’acronimo Naias (North American International Auto Show), quasi per esorcizzare l’ombra funesta della crisi che nel 2009 mise in ginocchio la General Motors e la Chrysler, oltre che la Ford. Poi arrivava l’Amministrazione Bush a salvare i due colossi americani caduti nella palude della recessione, e quindi la mossa finanziaria di Sergio Marchionne e il matrimonio di Chrysler con la Fiat. Sono lontani i tempi di quando la Formula Uno irrompeva nei parcheggi della città dei Grandi Laghi con il grande Circus, ad esempio nel 1983, con Michele Alboreto che vinceva il Gp Usa Est di Detroit alla guida di una Tyrrell. Oggi Detroit è una città fantasma, fatta di case abbandonate e svendute in un contesto dove l’unica risorsa locale era il lavoro offerto dalle fabbriche di automobili.
Ma il Salone dell’Auto più importante d’America non ha mai spento i suoi riflettori, lanciando una dose di speranza che investe anche i grandi marchi come la Ford che ha messo in vetrina ben tre novità che rappresentano una svolta per il marchio americano: la nuova Ford GT, la Ford Mustang GT350R e la Ford F-150 Rapotor, modelli che sono raggruppati sotto il brand sportivo Ford Performance. Un ritorno al futuro per la Ford che ripropone in una veste aggiornata e tecnicamente all’avanguardia il glorioso modello GT40 vincitrice per quattro volte di fila alla 24 Ore di Le Mans dal 1966 al 1969 con i leggendari colori Blu Polvere della squadra Marigold.
La nuova Ford GT presente fino al 25 gennaio al Salone di Detroit, è un agglomerato di tecnologia con una carrozzeria (portiere con apertura verticale) che è la sintesi di ore e ore in galleria del vento che ne hanno plasmato il carattere (dispone di uno spoiler mobile posteriore) senza stravolgerne quello stile sportivo caratterizzato da un motore V6 biturbo EcoBust da oltre 600 cavalli. Questo 3.5 V6 è il più potente della famiglia EcoBoost ed è derivato dalla unità racing che equipaggia le Ford Daytona Prototype da competizione.
Come per la GT, la Ford Daytona Prototype riprende la tecnica della Mustang GT350, anche se ingloba una serie di aggiornamenti e soluzioni pensati appositamente per la pista, rendendo più essenziale l’abitacolo e facendo a meno dei sedili posteriori e dell’impianto di climatizzazione, a tutto vantaggio del peso della vettura.
Infine c’è la nuova Ford F-150 Raptor, una variante a prestazioni “super” del pickup più venduto d’America. Una sportiva offroad che è il concentrato di soluzioni e componenti che rendono il suo utilizzo ancora più estremo del modello precedente, grazie anche ad un assetto che porta la firma della Fox che permette al nuovo Raptor di volare alle alte velocità anche sui fondi sterrati più insidiosi.
Sempre in tema di amarcord, c’è da segnalare la nuova Honda NSX, equipaggiata da un sistema propulsivo di tipo ibrido capace di erogare oltre 550 Cv grazie ad un V6 biturbo, 3 motori elettrici, trazione integrale e cambio doppia frizione a 9 rapporti. La Casa giapponese, che a partire dal Mondiale di Formula Uno 2015 farà il suo rientro nella massima formula come fornitore dei motori per la McLaren, dopo che aveva lasciato il Circus nel 2008, e questo inciderà notevolmente anche nelle prospettive commerciali della Casa che avrà un suo nuovo dipartimento di Ricerca e Sviluppo a Sakura a circa 400 Km da Tokio.
Nella compagine delle reginette ad alte prestazioni non poteva mancare la Porsche 911 che al Salone di Naias ha presentato la Carrera 4 GTS Targa con il suo sei cilindri boxer 3.8 da 430 Cv con trasmissione integrale.
La Bmw ha presentato invece il restyling della Serie 6 nelle tre varianti (Coupé, Cabrio, Gran Coupé), tutte anche in versione M6 con il formidabile V8 biturbo 4.4 da 560 cv.
Interessante e ancora più divertente è la nuova Mini John Cooper Works con motore 2 litri da 231 cv che consuma il 20% in meno, ma fornisce prestazioni di rilievo (246 km/h, 0-100 km/h in 6,3 s.).
IL MITO DELLA FORD GT40, STELLA DELLE GARE ENDURANCE
La Ford GT40 venne pensata e costruita dalla Casa americana di Detroit, dal 1964 al 1969, per contrastare il dominio della Ferrari nelle gare endurance. Tutto nacque dal veto di Enzo Ferrari di cedere la Scuderia Ferrari alla Casa americana, quando nel 1963 la Ford aveva pensato di acquistare in toto il Marchio di Maranello affinché diventasse il “reparto corse” della Casa automobilistica fondata da Henry Ford.
Nacque così l’esigenza di costruire una vettura che avesse tutte le caratteristiche per fronteggire le potenti vetture italiane già così veloci e famose anche nelle gare americane Gran Turismo. La Ford cercò allora nella vecchia Europa una Casa costruttrice di buon livello e di buona esperienza per dare vita al progetto di una vettora snella, veloce e al tempo stesso affidabile. Per questo scopo venne creata una piccola sussidiaria in Gran Bretagna, la Ford Advanced Vehicles, con sede a Slough, nella contea del Berkshire. Fra la Cooper, la Lotus e la Lola, la scelta cadde su quest’ultima, grazie al progetto di Eric Broadley che proponeva un motore V8 per i veterani delle corse americane Carroll Smith e Carroll Shelby.
Ebbe così inizio per la Ford una stretta (e proficua) collaborazione tecnica con la Lola fino ad arrivare alla vettura che venne denominata GT 40. L’acronimo “GT”, in quanto pensata per la nuova Gran Turismo, sebbene poi non verrà mai omologata per questa categoria e il numero “40” pari ai pollici di altezza della vettura misurata al parabrezza (1,02 m), come richiesto dal regolamento. Per motorizzare l’auto vennero usati diversi motori con cilindrate che andavano da 4,2 L (lo stesso usato dalla Lotus 34 e Lotus 38 alla 500 miglia di Indianapolis) fino a 7 L (di derivazione NASCAR).
Il debutto alla 1000 Km del Nürburgring e successivamente alla 24 Ore di Le Mans del 1964 non fu coronato da successo per le tre vetture V8 di 4,2 litri di cilindrata derivato dalla serie. La Lola che aveva progettato lo chassis non aveva fatto i conti con un problema di portanza che all’aumentare della velocità della vettura sui lunghi rettilinei del circuito francese faceva alleggerire pericolosamente l’avantreno della vettura, con conseguenze facilmente prevedibili per il pilota. Solo nel 1965, grazie alle esperienze maturate nella stagione precedente, la vettura fu completamente riprogettata e dotata di un nuovo motore V8 di 4,7 litri più potente del precedente. I risultati non tardarono, al punto che la prima vittoria della GT40 venne siglata in occasione della 2000 Km di Daytona.
Solo nel 1966 le Gt40 raggiunsero la piena competitività sul lato velocistico (superando per la prima volta la media dei 200 km/h sull’arco delle 24 ore di gara) e su quello dell’affidabilità, così da vincere la blasonata 24 Ore di Le Mans e conquistare tutti i restanti gradini del podio.
Nel 1967 partecipò alla gara la versione Mk IV, frutto di un progetto nuovo con telaio e carrozzeria differenti rispetto alle versioni precedenti, vinse nuovamente la 24 Ore di Le Mans, toccando anche una punta velocistica di 343 km/h, la più alta sino ad allora. Alla gara parteciparono, oltre a 4 Mk IV, anche 3 Mk II e 3 Mk I, la sua più seria avversaria, la Ferrari 330 P4, non riuscì a contrastarla.
Nel 1968 le Ford GT40 riuscirono a trionfare ancora una volta a Le Mans con una MK1 da 4,9 litri di cilindrata portata in pista dalla scuderia J.W. Automotive Engineering Ltd. (la Casa automobilistica inglese, concessionaria della Ford) , che gareggiò contro le auto della categoria prototipi, il cui motore era limitato per regolamento a 3,0 litri di cilindrata, ma che potevano contare su un peso ben più contenuto.
L’anno seguente si rinnovò la sfida tra le GT40 e i prototipi, i motori di cubatura minore impiegati da questi ultimi, non riuscirono a contrastare il poderoso motore V8 Ford, la GT40 condotta da Ickx e Jackie Oliver vinse la corsa in volata per pochi secondi sulla Porsche 908, mentre le velocissime ma ancora acerbe Sport Porsche 917 furono carenti di affidabilità.
Solo nel 1970 la serie di vittore della GT40 alla 24 Ore di Le Mans conobbe uno stop definitivo. La gara di durata francese venne dominata dalla Porsche 917, perché un’era si era chiusa dopo che la gloriosa vettura americana si dimostrò ormai obsoletala e non più competitiva.
ASTA MILIARDARIA PER UNA VETTURA SPECIALE
Nell’agosto del 2012 a a Monterey, in California, una Ford Mirage GT40, la versione leggera della GT40 da corsa John Wyer Gulf che ha gareggiato nella stagione 1968, è stata battuta all’asta per la stratosferica somma di 11 milioni di dollari. È l’auto americana venduta al prezzo maggiore di sempre, superando i 10.34 milioni di dollari della Duesenberg Model J Long-Wheelbase Coupé del 1931 venduta nel 2011 a Pebble Beach.
Il valore di questo autentico gioiello per collezionisti non è solo la diretta conseguenza del suo prezioso pedigree agonistico, ma anche per le riprese di cui è stata protagonista nel film Le Mans del 1971, diretto da Lee H. Katzin, e ambientato sul circuito di Le Mans durante la 24 ore del 1970. La stessa vettura che ha corso a Spa nel 1967 vincendo e portando per la prima volta i colori Gulf/Mirage sul gradino più alto del podio; successivamente nel 1968 la GT40 è stata modificata in Inghilterra, prendendo il numero di telaio P/1074 e continuando a correre fino al 1970 quando è stata acquistata dal facoltoso collezionista americano David Brown.
Infatti il milionario Brown pensò bene di affittare questa vettura per la produzione del film Le Mans con il protagonista Steve McQueen. La troupe si servì della GT40 come auto d’appoggio per le riprese d’azione del film, condizione che obbligò i tecnici a modificare in modo significativo la vettura, anche con la rimozione del tetto, pur di permettere al cameraman di puntare l’obiettivo sui protagonisti della competizione per riprese davvero suggestive per l’epoca. Le riprese del film durarono cinque mesi, dopo dei quali la vettura venne rimontata pezzo per pezzo e passò nelle mani di vari collezionisti che hanno contribuito a mantenere in vita questo pezzo di storia dell’automobilismo americano.
Massimo Manfregola
twitter: masman007
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