Il batterio killer delle piante di ulivo flagella il Salento e la Procura apre un’inchiesta
UGENTO – Esiste un pericoloso batterio killer che miete vittime secolari. La Puglia e il Salento in particolare sono sotto assedio e 65 mila aziende rischiano il tracollo finanziario. Stiamo parlando della Xylella Fastidiosa, il batterio che sta decimando intere tenute di uliveti secolari nella provincia di Lecce e adesso anche quelle del brindisino. L’allarme era stato diramato nel 2013, quando fu diagnosticato il famigerato batterio fitopatogeno ritenuto il responsabile di numerose malattie a carico di piante nell’agro leccese. È un batterio colonizzatore dei tessuti interni legnosi il quale, insediandosi e moltiplicandosi nei vasi xylematici (vasi che trasportano la linfa grezza) della pianta, è in grado di distruggere l’intero albero infiltrandosi anche nelle radici.
Un flagello per gli ulivi secolari del Salento e soprattutto per il comparto agro-alimentare che è ormai in ginocchio. Il governo è intervenuto molto in ritardo rispetto ai primi casi diagnosticati in alcuni alberi a Gemini di Ugento a fine 2012 e all’allarme lanciato dai coltivatori del comparto agricolo dopo l’infausta diagnosi del 2013.
E, a quanto pare, non esiste ancora una cura per debellare il batterio killer delle piante di ulivo che vengono contaminate tramite un piccolo insetto, così che la Commissione si limita a definire i contorni di un “protocollo di sicurezza” per limitare il diffondersi del contagio, attraverso l’attuazione di buone pratiche agricole che riguardano l’eradicazione delle piante infette e sintomatiche, con una differenziazione degli interventi fra le zone più a rischio.
Le ipotesi di un complotto
A causa della Xylella che sta decimando migliaia di alberi, la Procura della Repubblica sta indigando per il reato di disastro ambientale, perché i contorni di questa terribile pestilenza si tingono di giallo per via di una serie di ipotesi che vorrebbero che questo flagello sia stato pianificato a tavolino in un laboratorio di una società brasiliana della Monsanto Company, la multinazionale di biotecnologie agrarie leader a livello mondiale nella produzione di sementi OGM con organismi transgenici.
Il perfido obiettivo della Monsanto sarebbe quello di far ammalare gli ulivi pugliesi – che rendono la maggiore produzione di olio extravergine in Italia – per sostituirli con ulivi OGM prodotti dalla stessa Monsanto e quindi immuni al batterio che essi stessi avrebbero creato con una complicità che potrebbe diramarsi anche a livello istituzionale.
La stessa Monsanto Company, ha da sempre molti interessi legati ai comparti agricoli nazionali per la commercializzazione di sementi OGM. Uno per tutti la vendita del mais OGM, di cui il brevetto Mon 810 della multinazionale brasiliana, che avrebbe dovuto vendere in Italia prima che scoppiasse il caso Friuli Venezia Giulia, con la distruzione dei campi del leader pro-Ogm Giorgio Fidenato.
In Italia si producono olii di qualità
Il peso economico dell’intera filiera legata alla olivicoltura in Italia è di circa 3 miliardi di euro, che tradotta in percentuale di fatturato per tutto il comparto agroalimentare nazionale equivale ad una fetta del 3 per cento. Se la Spagna è il maggior produttore di olio a livello mondiale, all’Italia spetta il primato per le produzioni a denominazione di origine protetta. Il Bel Paese, infatti, conferma la propria posizione di leader per il numero complessivo di registrazioni degli oli di qualità riconosciuti: il 34% è rappresentato da 43 marchi italiani, mentre più distanziati figurano altri Paesi come la Spagna (30) e la Grecia (29).
Il 13% delle superfici olivicole in Italia, con 175.946 ettari, è coltivato a biologico, cui si aggiungono 46.372 in conversione. La superficie olivicola biologica risulta concentrata per oltre il 70% nelle aree meridionali; in particolare in Puglia (32%), in Calabria(29%) e in Sicilia (14%).
Le aree di consumo più importanti si confermano l’Unione Europea e gli Stati Uniti, rispettivamente con una quota del 56% e del 10% del totale. Gli italiani consumano mediamente 11 chili di olio di oliva all’anno di cui 7,5 sono extra vergine.
Calo della produzione a livello planetario
Il 2014 verrà ricordato come l’anno più critico per la produzione di olio d’oliva in Italia e nel mondo. La produzione mondiale ha visto un crollo del 17 per cento rispetto all’anno precedente. La Spagna, primo produttore mondiale, ha dimezzato la sua produzione, mentre in Italia la perdita si è attestata attorno al 30 per cento. L’aumento delle frodi e delle truffe nel settore dell’olio, diretta conseguenza dell’aumento dei prezzi per l’extravergine hanno contratto la produzione a livello globale, attestandosi a 2,9 milioni di tonnellate.
L’Italia, secondo produttore di olio al mondo, nel 2014 si è fermata a 300 mila tonnellate, con tagli maggiori nelle regioni del Centro Nord (tra il 35% e il 50% in meno) rispetto alle regioni del Sud.
Il paradosso italiano
l’Italia è il secondo Paese esportatore di olio ma è anche il primo Paese importatore di olio di oliva al mondo e molti degli oli venduti in Italia da aziende italiane sono in realtà una miscela di oli di importazione che arrivano prevalentemente, oltre che dalla Spagna, dal Nord Africa, dalla Grecia e dal Medio Oriente. In Italia il calo della produzione di olio anche per batterio killer Xylella, contrbuirà in futuro ad una ulteriore contrazione del raccolto. Una situazione destinata a pesare in modo preoccupante sulla reputazione e sulla qualità dei prodotti nazionali se le nostre istituzioni a livello europeo non si batteranno per tutelare e salvaguardare il nostro mercato, che verrà preso d’assalto da quei prodotti che in realtà o almeno in parte, saranno realizzati con olive o oli di provenienza estera, specie da quei Paesi che garantiscono prezzi bassi.
Massimo Manfregola
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