Roma, le anime del Consiglio d’Europa per la tutela dei diritti sociali

mag 05, 2016 No Comments by

ROMA – Esiste un’altra faccia dell’Europa che non è quella monetaria pronta a bacchettare i conti pubblici degli stati membri. Un’organizzazione internazionale chiamata Consiglio d’Europa che non bisogna confondere con le istituzioni dell’Unione europea. Un gioco di parole che spesso crea confusione nella determinazione dei due ruoli, anche perché troppo poco si è fatto per sensibilizzare l’attenzione sulle differenze delle due istituzioni.

La sede del Consiglio d'Europa a Strasburgo

La sede del Consiglio d’Europa a Strasburgo

Di recente a Roma, presso la Biblioteca della Link Campus University, in un seminario organizzato da Tommaso Polidoro che ne coordina l’Area Innovazione e Formazione, un gruppo di apprezzati esponenti e studiosi professionisti italiani del Consiglio d’Europa, come Stefano Dominioni (segretario esecutivo Itinerari culturali presso il Consiglio d’Europa), Riccardo Priore (coordinatore del «processo di Torino» per la Carta sociale europea), Giuseppe Zaffutto (portavoce del Consiglio d’Europa a Strasburgo) e Giovanni De Negri (direttore responsabile di Eurocomunicazione), hanno spiegato quelle che sono le risorse e i progetti legati alla principale organizzazione che opera nella difesa dei diritti umani del Continente.

Il tavolo dei relatori in occasione del seminario che si è tenuto a Roma presso la biblioteca della Università Link Campus il cui presidente è Vincenzo Scotti (nella foto) © Massimo Manfregola

Il tavolo dei relatori in occasione del seminario che si è tenuto a Roma presso la biblioteca della Link Campus University il cui presidente è Vincenzo Scotti (nella foto) © Massimo Manfregola

Sono attualmente 47 gli stati membri che aderiscono al Consiglio d’Europa, da non confondere con i 28 Paesi membri dell’Unione europea. Condizione principale per far parte della élite dei Paesi che aderiscono alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) è quella per cui la pena di morte è bandita.  Dal trattato di Londra del 5 maggio del 1949 (dopo le decisioni prese nel congresso dell’Aia del 1948) che sanciva ufficialmente l’istituzione del Consiglio d’Europa con la firma dei primi dieci stati membri, fra cui l’Italia, oltre al Regno Unito, Svezia, Belgio, Francia, Irlanda, Danimarca, Lussemburgo, Norvegia e Paesi Bassi.

Un modello inteso, almeno nelle nobili intenzione dei padri fondatori,  come patrimonio di valori universali e condivisi nell’ambito di una sorta di dialogo interculturale. Il Consiglio d’Europa è una organizzazione intergovernativa che incarna sia un’anima governativa che una parlamentare, di cui un’assemblea (diversa dagli Eurodeputati) che si riunisce a Strasburgo quattro volte all’anno, con deputati nazionali di Camera e Senato (della Commissione Esteri) con una delegazione guidata da Michele Nicoletti.

Proprio la promozione della storia e della cultura dei singoli stati membri sono gli obiettivi di una strategia propositiva del Consiglio d’Europa attraverso la ricerca degli “Itinerari Culturali” iniziati nel 1987 con i «Cammini  di Santiago de Compostela», attraverso un principo di valorizzazione delle risorse di un patromonio ineguagliabile per la grande concentrazione di culture eterogenee delle singole realtà nazionali, prime fra tutte l’Italia.

Il nome del percorso usato dai pellegrini ricinduce all'itinerario primitivo per cui si entrava in territorio italico dalla Valle di Susa attraverso il Colle del Moncenisio  e talvolta transitando anche dal Colle del Monginevro, dando così alla strada il nome di Francigena, cioè proveniente dalla Terra dei Franchi

Il nome del percorso usato dai pellegrini riconduce all’itinerario primitivo per cui si entrava in territorio italico dalla Valle di Susa attraverso il Colle del Moncenisio e talvolta transitando anche dal Colle del Monginevro, dando così alla strada il nome di Francigena, cioè proveniente dalla Terra dei Franchi

Nel lungo “percorso” culturale intrapreso al Cammino di Compostela si sono susseguiti altri itinerari della memoria «L’European Mozart Ways» (1990), la «Transromanica» (2007), «Le strade Europee delle Abbazie Cistercensi» (2010),  «Destinazione Napoleone» e «Le vie del vino» (2015). A queste iniziative si aggiunge «La Via Francigena» che parte dall’Inghilterra, attraversa il continente europeo e giunge fino in Italia a Roma, e nel meridione d’Italia, in particolare in Puglia e sul Gargano toccando i santuari di San Michele Arcangelo, Santa Maria di Pulsano, Stignano e San Matteo per poi giungere al porto di Brindisi dove i pellegrini si imbarcavano per la Terra Santa.

Di fondamentale importanza è il Comitato europeo dei Diritti sociali, al quale è affidato il compito di controllare il rispetto da parte degli Stati degli obblighi previsti dalla Carta che riguarda il lavoro, la tutela giuridica e sociale, la circolazione delle persone, la non discriminazione. Gli stati che non hanno ratificato «La Carta» sociale d’Europa, che garantisce i diritti fondamentali della vita quotidiana (come Casa, Salute, Istruzione, Lavoro e Giustizia) sono il principato di Monaco e del  Liechtenstein, San Marino e Svizzera. Ci sono poi stati «Osservatori» come l’America, il Canada, San Marino, Giappone e il Vaticano. Capita sempre meno di rado che un cittadino italiano, a causa dell’inadeguatezza della giustizia nazionale, dopo aver esaurito i tre gradi di giudizio, sia costretto ad adire alla Corte d’Europa dei diritti dell’uomo (Cedu) per quelle che sono le presunte violazioni subite relativamente alla negazione dei suoi diritti nel suo stesso Stato di appartenenza. Un processo in piena regola che apre un contenzioso fra il cittadino europeo e il suo Stato di appartenenza. Può quindi capitare (e succede spesso) che nel caso in cui uno Stato non prenda misure necessarie per un adeguamento alla Carta, il Comitato dei ministri (degli Esteri) si vede costretto a “redarguire” questo Stato affinché modifichi la situazione nel suo diritto interno.

Questo è possibile grazie ad un protocollo aperto alla firma nel 1995 ed entrato in vigore nel 1998 che permette a sindacati nazionali o internazionali, alle organizzazioni dei datori di lavoro e a Ong internazionali di presentare al Comitato europeo dei Diritti sociali, reclami su violazioni della Carta e quindi l’applicazione di sanzioni.

Massimo Manfregola – giornalista

5/5/2016

La foto di copertina (© Massimo Manfregola) riprende il tavolo dei relatori in occasione del seminario del Roma presso la Biblioteca del Link Campus University. Ad offrire il suo benvenuto alla numerosa platea dei giornalisti partecipanti anche il presidente e  fondatore dell’Università degli Studi Link Campus University, Vittorio Scotti, ex-ministro in diversi governi fino al 1992 e Sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi IV.

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Massimo Manfregola è un giornalista con esperienze nel campo della comunicazione della carta stampata e della televisione. È specializzato nei settori del giornalismo motoristico, con una particolare passione per l’approfondimento di tematiche legate all’arte e alle politiche sociali.
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